venerdì 30 dicembre 2011


BUON 2012

Tanti cari e sinceri a chiunque sia passato, passi o passerà da queste parti!!!

mercoledì 14 dicembre 2011


Rottura del crociato anteriore, ricostruzione oltre i 40 anni

Con il diffondersi dell'attività fisica ad alto livello in età più avanzata, è divenuta frequente la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio, tipica lesione dello sportivo. Se questa avviene sopra i 40 anni, è controverso se sia preferibile un atteggiamento conservativo, soprattutto per timore di un maggiore tasso di complicanze (rigidità, artrofibrosi, infezioni, problemi di guarigione della ferita, malattia tromboembolica), o se optare per l'intervento di ricostruzione. Claudio Legnani, dell'Università di Milano, e collaboratori, hanno stilato una guida per il migliore approccio terapeutico sulla base di una revisione sistematica di 17 articoli. Vari report hanno dimostrato eccellenti risultati con la ricostruzione del crociato negli ultra 40enni, in termini di soddisfazione soggettiva, ritorno all'attività precedente, ridotte complicanze. Alcuni autori citano addirittura ottimi esiti in pazienti di 50 anni e oltre. Sebbene vi siano pochi studi di alto livello, i dati riportati in letteratura suggeriscono che la ricostruzione del crociato possa essere eseguita con successo in pazienti meno giovani motivati e appropriatamente selezionati con instabilità sintomatica del ginocchio e che vogliono tornare a partecipare ad attività ricreative o ad attività sportive che richiedono elevate prestazioni. Per massimizzare l'outcome è fondamentale eseguire la Rm, allo scopo di verificare la presenza di eventuali lesioni multiple ed escludere modificazioni artritiche. I fattori in base ai quali decidere sono: occupazione, sesso, livello di attività del soggetto, quantità di tempo speso nello svolgimento di attività di elevato livello, presenza di lesioni associate nel ginocchio; l'età fisiologica e il livello di attività sono più importanti dell'età cronologica. In generale, si può proporre l'intervento a chiunque desideri ristabilire la pregressa attività, indipendentemente dall'età; la ricostruzione della cinematica del ginocchio, inoltre, riduce il rischio di ulteriori danni, come l'insorgenza di artrosi.

J Orthop Traumatol, 2011 Nov 11.

lunedì 12 dicembre 2011


Telethon, tra pochi giorni riparte la maratona
Riparte la maratona televisiva per Telethon, andrà in onda sulle reti Rai dal 16 al 18 dicembre con l'obiettivo di finanziare la ricerca contro malattie gravi e invalidanti. «Fortunatamente siamo vicini alle prime terapie per le prime malattie che abbiamo fronteggiato all'inizio della nostra avventura - sostiene Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Telethon - Raccogliere altri soldi vuol dire dare carburante per la ricerca. Sono certo che gli italiani, nonostante il periodo di crisi, sapranno sostenerci perché è in questi momenti che i nostri connazionali tirano fuori il loro cuore. Crescita, rigore e solidarietà sono le parole che ci accompagneranno da qui in avanti».
Telethon nacque nel 1990, da allora sono stati fatti molti passi in avanti. «La ricerca prosegue a ritmi sostenuti - afferma Francesca Pasinelli, direttore generale di Telethon - con risultati incoraggianti riconosciuti anche dalla comunità scientifica. Facciamo un grande appello alla donazione, proprio ora che siamo vicini al traguardo di cura per una ventina di malattie».
Una delle ragioni del grande successo di Telethon è la trasparenza con cui vengono selezionati i progetti. Telethon, come le principali agenzie mondiali di finanziamento alla ricerca, adotta il sistema della peer review. I Research Program manager di Telethon eseguono la prima selezione, basandosi su principi di efficienza e terzietà. La valutazione nel merito del progetto spetta esclusivamente alla Commissione medico-scientifica, composta da 29 scienziati di fama internazionale, con ridotta presenza di italiani per limitare possibili conflitti di interessi. La Commissione si avvale anche di revisori esterni e indipendenti. Nell'ultimo anno è stato accolto il 15,9% dei progetti posti.

venerdì 9 dicembre 2011

Ginnastica per la gravidanza


Durante la gravidanza si verificano alcuni cambiamenti a carico dello scheletro, dei muscoli, delle articolazioni e dei legamenti; tali modificazioni corporee rientrano nella fisiologia della donna gravida, ma possono talvolta essere causa di problematiche anche dolorose.

Per prevenire e contenere i disturbi legati a tali modificazioni, così da poter vivere con benessere i mesi della gravidanza, occorre eseguire una corretta e mirata serie di esercizi, preferibilmente frequentando un corso specifico per ottenere, sotto il diretto controllo dell'insegnante, la corretta impostazione ed esecuzione degli esercizi stessi.

giovedì 8 dicembre 2011


Malattia dell’osso indotta da glucocorticoidi

Revisione scientifica: Dott. Dante Dallari
 
La terapia corticosteroidea  risulta la causa più frequente di osteoporosi secondaria. Tra il 30 ed il 50% dei pazienti che assumono terapia cortisonica cronica vanno incontro a frattura. Tale perdita ossea, che colpisce prevalentemente le ossa spongiose, ha un andamento bifasico con una perdita di massa ossea rapida nel primo anno e che successivamente diventa più lenta. E’ stata riportata osteoporosi secondaria anche utilizzando schemi posologici intermittenti oppure con assunzione per via inalatoria. Il meccanismo patogenetico consiste nella riduzione degli osteociti ed osteoblasti, e nell’aumento della vita media degli osteoclasti. La terapia corticosteroidea cronica indebolisce l’osso anche dal punto di vista qualitativo, oltre che quantitativo, e per tale motivo la densitometria ossea può avere una sensibilità scarsa nel predire il rischio di frattura.
Tutti i pazienti in terapia steroidea devono essere informati riguardo i rischi ed i possibili effetti collaterali conseguenti.
Per la prevenzione dell’osteoporosi tutti i pazienti devono ricevere un adeguato apporto di calcio (1200 mg die) e di vitamina D (da 800 a 2000 U die), ma spesso non sono sufficienti. I bifosfonati sono di solito l’approccio di prima linea. In diversi studi si sono dimostrati efficaci nel ridurre l’incidenza di frattura vertebrali e del collo del femore. Purtroppo è stato anche dimostrato che la loro efficacia è ridotta nei pazienti affetti da osteoporosi indotta dai corticosteroidi, rispetto alla forma primaria a causa di una interazione farmacodinamica. Un altro svantaggio è la bassa aderenza al trattamento da parte dei pazienti nonostante formulazioni settimanali o mensili. Inoltre sono aggravati dal rischio di osteonecrosi del mascellare e con minore incidenza dal rischio di fratture sottotrocanteriche atipiche.
Il teriparatide è un’alternativa all’utilizzo di bifosfonati. In un recente studio condotto su pazienti affetti da osteoporosi secondaria a glucocorticoidi, il teriparatide riduceva il tasso di fratture vertebrali del 90% con un miglioramento di densità ossea superiore ai bifosfonati. La somministrazione quotidiana sottocutanea di teriparatide riduce infatti il tasso di apoptosi a carico di osteoblasti ed osteociti indotta dalla terapia steroidea, e riduce il numero di osteoclasti aumentando la formazione e soprattutto la resistenza ossea. Nonostante sia stato osservato anche con teriparatide una diminuzione dell’effetto terapeutico a causa della terapia steroidea, questo è avvenuto solo in pazienti che assumevano dosi superiori a 15 mg di prednisone o equivalenti al giorno. Gli svantaggi legati all’utilizzo di teriparatide sono i costi più elevati e rari casi di lieve ipercalcemia.
Nonostante negli anni diverse società scientifiche abbiano redatto linee guida per la prevenzione dell’osteoporosi secondaria a terapia steroidea, ulteriori studi sono necessari per determinare il dosaggio minimo di corticosteroidi e la durata minima della terapia che possa garantire la prevenzione di fratture osteoporotiche in questi pazienti.

Bibliografia
Clinical practice - Glucocorticoid-Induced Bone Disease
Weinstein RS. T h e new engl and journal of medicine. 2011;365: 62-70


The Italian Stroke Forum, la più importante associazione culturale del nostro Paese sulle problematiche connesse con l’ictus cerebrale è lieta di annunciare che si terrà a Firenze dal 15 al 17 febbraio 2012 il prossimo Congresso Nazionale «STROKE 2012»

In Italia si stima per il 2011 un’incidenza di circa 190.000 nuovi ictus, di cui circa il 20% purtroppo muore nel primo mese successivo all’evento e circa il 30% sopravvive con esiti gravemente invalidanti che possono persistere per tutta la vita, in molti casi con un costo veramente importante tanto per il singolo individuo ed i suoi familiari, quanto per l’intera società.

La diffusione in tal senso, della cultura scientifica e di un' adeguata formazione, sono il veicolo migliore affinché si possano ridurre gli effetti della malattia.

In tal senso Stroke 2012 rappresenta l’appuntamento più importante per tutti coloro che, direttamente o indirettamente coinvolti nella gestione della malattia, sono chiamati a dare il proprio contributo per ridurre la mortalità e l’invalidità correlate all’ictus anche attraverso la prevenzione e la riabilitazione.

Un approccio multidisciplinare e multiprofessionale che vedrà coinvolti circa 600 partecipanti tra medici, infermieri, fisioterapisti, psicologi e logopedisti che si riuniranno per dialogare e confrontarsi attorno ad un programma scientifico di elevatissimo livello.

mercoledì 7 dicembre 2011

The Evidence for Efficacy of Osteoporosis Treatment in Men with Primary Osteoporosis: A Systematic Review and Meta-Analysis of Antiresorptive and Anabolic Treatment in Men

Revisione Scientifica: Dott. Dante Dallari

Le fratture da osteoporosi, soprattutto quelle a carico dei corpi vertebrali e del femore prossimale, sono una delle principali cause di morbidità nella popolazione di molte regioni del mondo.
Il rischio di frattura da fragilità ossea legata all’osteoporosi in un paziente maschio di età maggiore di 50 anni, nell’arco del resto della vita, è di circa il 13%. Benché tale rischio sia inferiore a quello presente nella popolazione femminile, stimato sul 40%, l’aumentare dell’aspettativa di vita sta causando la crescita della spesa sanitaria per il trattamento di questa patologia.
In generale l’osteoporosi nel paziente maschio riconosce delle basi eziologiche leggermente diverse rispetto alla popolazione femminile. È infatti differente la prevalenza e l’entità della carenza di ormoni sessuali oltre all’influsso di fattori ambientali come fumo, alcool e rischio di caduta. A questo si aggiungono anche differenze patofisiologiche e nella struttura ossea.
A seguito di queste differenze determinare l’efficacia dei trattamenti farmacologici, sia anti-riassorbitivi che anabolici, nell’aumento della Bone Mineral Density (BMD) e nella prevenzione delle fratture da fragilità ossea nella popolazione maschile facendo riferimento ai dati disponibile sulla popolazione femminile potrebbe rappresentare una fonte di errore.
In una meta analisi condotta da Schwarz e colleghi[1] è stata valutata la letteratura al momento disponibile sull’argomento. L’obiettivo primario dello studio era di vedere l’impatto dei trattamenti farmacologici sulla riduzione del rischio di fratture, valutando studi controllati che definissero una popolazione maschile ad un follow-up di almeno 12 mesi nei caso di farmaci anti-riassorbitivi (alendronato, risedronato, ibandronato, zoledronato, miacalcic nasale) e di 6 mesi per i farmaci anabolici (teriparatide, preotact).
Pur non riscontrando gli autori un numero sufficiente di studi specifici tale da evidenziare l’effetto del trattamento nella prevenzione delle fratture, è stato possibile analizzare l’impatto sulla BMD. Rispetto al placebo i trattamenti, sia anti-riassorbitivi che anabolici, hanno presentato un effetto sull’aumento della BMD simile a quello nella popolazione femminile, confermando quindi l’indicazione nel trattamento dei maschi affetti da osteoporosi.

Bibliografia[1] Schwarz et al. The Evidence for Efficacy of Osteoporosis Treatment in Men with Primary Osteoporosis: A Systematic Review andMeta-Analysis of Antiresorptive and Anabolic Treatment in Men. Journal of Osteoporosis Vol 2011, Article ID 259818, 9 pages

Frutta, verdura e cereali integrali riducono il rischio di eventi vascolari anche mortali


Ricercatori della Columbia University (NYC, USA) hanno analizzato i numerosi dati del Northern Manhattan Study (NOMAS) per valutare il ruolo di un’alimentazione basata sulla Dieta Mediterranea nella prevenzione degli eventi vascolari e in particolare nell’ictus. Il NOMAS è uno studio epidemiologico condotto dal 1990 al 2000 su una popolazione di 2.568 persone residenti nell’area nord di Manhattan (età media 69 ± 10 anni, 64% donne, 55% ispanici, 21% bianchi, 24% neri). Gli Autori hanno valutato il comportamento alimentare dei soggetti studiati mediante il questionario di food-frequency MeDi score, nel quale un punteggio più elevato su una scala da 0 a 9 corrisponde a una maggiore aderenza alla Dieta Mediterranea (DM). La relazione tra alimentazione e rischio cardio- cerebrovascolare è stata valutata utilizzando il modello di rischio proporzionale di Cox. Su 518 eventi vascolari verificatisi complessivamente in 9 anni di osservazione nella popolazione studiata (314 dei quali mortali), il MeDi score è risultato inversamente proporzionale al rischio composito per ictus ischemico, infarto miocardico o morte da causa vascolare (p-trend = 0,04) con una particolare significatività statistica proprio per gli eventi fatali di origine vascolare (p-trend = 0,02). Questi risultati hanno portato gli Autori a concludere che un’alimentazione ricca di frutta, verdure, cereali integrali, pesce e olio d’oliva costituisce un elemento essenziale per la salute cardiovascolare ed è associata a una significativa diminuzione del rischio di eventi quali IMA o ictus ischemico. Risultati complementari derivati da un altro studio, condotto su 3.000 pazienti ospedalizzati per IMA, dimostrano che chi consuma poca frutta/verdura e tanta carne rossa/alcol ha un rischio di IMA aumentato rispetto a chi segue un modello alimentare mediterraneo.
Tutte le sostanze sono veleni: non ce n'e' nessuna che ne sia esente.
La giusta dose distingue un veleno da una cura.


(Paracelo)
IL TRATTAMENTO DEL MAL DI SCHIENA DEVE AVERE L'OBIETTIVO DI MIGLIORARE I RAPPORTI SOCIALI?
Holt-Lunstad, PloS Medicine, 2010

Una recente meta-analisi conferma in modo clamoroso che le relazioni sociali hanno un forte impatto sulla salute dell'uomo. Gli individui che hanno relazioni sociali ricche vivono più a lungo e sono più sani.
Da un certo punto di vista, non è sorprendente. Gli uomini sono animali sociali. Le relazioni sociali sono vitali per procurare cibo e risorse sufficienti per sopravvivere. Aiutano ad affrontare e superare le difficoltà della vita. Favoriscono l'adattamento e risposte neuroendocrine sane. Mediano il dolore.
Tuttavia, la medicina moderna ignora ampiamente la questione. Questo argomento è certamente attinente alla lombalgia e al suo trattamento. Sfortunatamente, il mal di schiena spesso porta a una limitazione dell'attività e a una riduzione delle relazioni sociali.
La disabilità al lavoro potrebbe rappresentare il colpo di grazia.
Holt-Lunstad ha recentemente effettuato una meta-analisi raccogliendo dati da 148 studi per verificare l'influenza delle relazioni sociali sulla longevità. I dati tratti da 308.849 individui, seguiti per una media di 7,5 anni, indicano che gli individui con relazioni sociali adeguate hanno una probabilità di sopravvivere superiore del 50% a quella degli individui con relazioni sociali povere o scarse.
Holt-Lunstad consiglia agli operatori sanitari di considerare seriamente questi dati, aggiungendo ai fattori di rischio quali fumo, dieta ed esercizi anche le relazioni sociali.
Fortunatamente, le raccomandazioni evidence-based per il trattamento della lombalgia incoraggiano un rapido ritorno all'attività e al lavoro. Queste raccomandazioni dovrebbero includere anche la ripresa delle normali relazioni sociali. Holt-Lunstad sostiene che i governi dovrebbero imparare a guardare al di là delle cause "mediche" delle patologie, nello sforzo di promuovere la salute e il benessere.
GLI INCIDENTI STRADALI INNESCANO IL DOLORE CRONICO
Jones, Arthritis Care & Research, 2011

Varie evidenze indicano che i traumi fisici possono innescare dolori diffusi cronici e "fibromialgia" con modalità difficili da spiegare.
Jones ha recentemente verificato la relazione di un trauma con l'insorgenza di dolore diffuso cronico in uno studio basato sulla popolazione, osservando 2069 individui che non presentavano questo disturbo all'inizio dello studio e verificando la sua comparsa in un periodo di osservazione di 4 anni.
I soggetti dello studio hanno fornito dati sul dolore muscolo-scheletrico e sull'angoscia psicologica in tre diversi momenti di verifica nel corso dei 4 anni dello studio. I ricercatori hanno interrogato tutti i soggetti riguardo all'esposizione a sei eventi fisicamente traumatici: incidenti stradali, incidenti sul lavoro, interventi chirurgici, fratture, ricovero in ospedale e parto.
Nel corso dei quattro anni dello studio, il 12% dei soggetti ha riportato la comparsa di dolore diffuso cronico.
Tuttavia, quando i ricercatori hanno controllato la presenza di fattori potenzialmente confondenti, solo l'esposizione a incidenti stradali aumentava il rischio di sviluppare dolore diffuso cronico. Gli individui che erano stati coinvolti in un incidente stradale, avevano l'84% di probabilità in più di sviluppare questo problema rispetto a chi non era stato esposto a questo tipo di evento traumatico.
ELIMINARE I TRATTAMENTI INEFFICACI
Roncoroni, Rheumatology, 2011
Annals of Internal Medicine, 2007

Chou, Pain Medicine News, 2008

Negli ultimi due decenni purtroppo ci si è resi conto quanto sia difficile eliminare i trattamenti inefficaci per il mal di schiena e per i problemi vertebrali.
Una volta che un trattamento si è radicato nel mercato clinico - e nella mente di medici e pazienti - è difficile estirparlo.
Gli steroidi orali ne rappresentano un esempio.
Già nel 2007, le Linee Guida dell'American Pain Society ne sconsigliavano l'uso.
In un articolo pubblicato nel 2008, Chou ha commentato la persistenza di questa terapia nella pratica clinica: "Ci sono ancora persone trattate con steroidi orali per il mal di schiena, con o senza sciatalgia, malgrado esistano almeno 5 studi che hanno dimostrato chiaramente che questa terapia non porti benefici."
Una recente revisione sistematica di Roncoroni ha trovato sette studi randomizzati controllati che confrontavano gli steroidi orali al placebo: i pazienti che assumevano steroidi orali non presentavano vantaggi rispetto ai gruppi placebo in termini di risultati clinici. In compenso, si sono verificati eventi avversi nel 13% dei pazienti che assumeva steroidi orali, contro il 6% dei pazienti che assumeva placebo. In termini di rapporto rischio/beneficio, questo trattamento non è consigliabile.